Ci sono parole siciliane che rappresentano da sole la vera essenza della Sicilia e che tradotte in italiano perdono parte della loro vivacità e carica espressiva. “Camurrìa” ne è un esempio abbastanza lampante e in questo articolo ti spieghiamo perché. Prima, però, permettimi di fare un piccolissima premessa.

Devi sapere, infatti, che quando stavamo progettando il layout e il design di questo sito, i picciotti di Sisilab mi hanno chiesto di individuare un “motto” da inserire nella sezione “Niautri”. Senza pensarci più di tanto ho subito preso carta e penna e scritto quello che adesso è in effetti il nostro motto visibile sul sito.

Il dialetto rafforza il concetto. Non è un luogo comune, ma la verità. Alcuni concetti in italiano perdono tutta la loro carica, per cui se vuoi dire qualcosa di potente “DILLO IN SICILIANO”.

Di questo ne sono fermamente convinto e l’ho sperimentato io stesso sulla mia pelle. In questi giorni la situazione del trasporto pubblico a Venezia – la splendida isola nella quale io e Carol viviamo e da cui partono i pacchetti contenenti i vostri acquisti fatti sulla putìa – è a dir poco tragica: a causa di uno sciopero bianco messo in atto dal personale dell’azienda dei trasporti, infatti, alcune linee dei vaporetti subiscono dei considerevoli ritardi, altre sono deviate e altre ancora addirittura soppresse. Il tutto, ovviamente, accade senza preavviso alcuno.

Tu che leggi questo articolo e che vivi in una qualsiasi città d’Italia dove per recarsi al lavoro si hanno tante alternative – tram, bus, macchina, bicicletta – capirai bene che io che per raggiungere il posto di lavoro ho la necessità di spostarmi da un’isola all’altra non posso limitarmi a dire che una situazione del genere è semplicemente fastidiosa. No, non basta, non rende. Una situazione del genere è una vera e propria camurrìa.

Ma qual è il vero significato di questa parola magica?

Secondo quanto ci dicono gli studiosi, la parola camurrìa ha fatto il suo ingresso nel parlato siciliano intorno al 1876. Nel suo “Nuovo dizionario siciliano-italiano” il lessicografo e arabista Vincenzo Mortillaro definisce la camurria una “sorta di malattia, scolagione celtica, virulenta, contagiosa, venerea, vedi gonorrea“. Quindi, storicamente, la camurrìa altro non sarebbe che una malattia e ad avvalorare questa tesi viene in soccorso il toscano “camorro”, il cui significato è “malanno”.

Non è difficile immaginare allora che per mezzo di una metafora alla parola camurrìa sia stato gradualmente attribuito anche il significato di “noia” e “fastidio”. Perché una malattia tutto può essere, tranne che piacevole.