“92100” è una delle canzoni più iconiche di Lello Analfino e i Tinturia, prende il titolo dal Codice di Avviamento Postale del Comune di Agrigento e tra le tante cose ci parla anche e soprattutto di radici. Le radici della nostra cultura siciliana, come ci ricorda bene una strofa della canzone, vanno rintracciate in tutte le popolazioni che sono arrivate in Sicilia e che qui si sono insediate. La storia della Sicilia, infatti, è un continuo susseguirsi di dominazioni e ciascuna popolazione che ci ha dominato ha lasciato la sua traccia indelebile. Dai templi di dorici di Selinunte e della vicina Agrigento alle architetture arabo-normanne di Palermo, passando per alcuni dei prodotti di punta della pasticceria siciliana, quali i cannoli e la cassata. Parlare di identità siciliana senza tenere conto di tutte le dominazioni che si sono susseguite è, in poche parole, impossibile e addirittura sbagliato.
Arabi, normanni, fenici
Barbari, sicani e quattro proci
Erano tre mila quanto i greci
C’era un santo nero e gli africani
Sono passati secoli e le facce
Sono rimaste tutte quante uguali
Siamo figli di chi ha dominato
Mezzi cattolici e mezzi musulmani
Quello che ti propongo oggi, però, non è un articolo sulla complessità e sulla ricchezza dell’identità siciliana, ma un piccolo approfondimento su alcune parole siciliane, ancora oggi molto utilizzate nel parlato locale, che devono la loro nascita a delle parole arabe e che per questo motivo chiamerò arabismi siciliani. Questo articolo, in particolare, prende le sue mosse da un post pubblicato proprio ieri sera sulla pagina Instagram di siciliansays: un carosello dedicato proprio a cinque arabismi siciliani che è stato molto apprezzato e che mi ha spinto, dunque, ad approfondirne qui sul blog il contenuto.
Zàgara
Dall’arabo zahar è il fiore degli agrumi, principalmente dell’arancio e del limone, la cui fioritura avviene proprio adesso, tra il mese di aprile e quello di maggio, ma anche del bergamotto, che invece dovrebbe già essere fiorito tra la fine di marzo e gli inizi di aprile. La zagara viene utilizzata essenzialmente per la preparazione di alcuni profumi e cosmetici, ma altrettanto importante è il suo utilizzo in ambito dolciario e nella fermentazione di alcune birre artigianali. La collocazione più nobile della zagara, però, è sicuramente all’interno del bouquet di nozze, tanto che spesso si ricorre all’espressione “fiori d’arancio” per riferirci ad un matrimonio.
Zabbàra
Quella che in siciliano chiamiamo zabbara altro non è che l’agave. Sapevi che anche questa parola rientra nel novero degli arabismi siciliani? Deriva, infatti, dalla parola araba sabbara. L’agave, insieme agli ulivi e ai fichi d’india, è uno dei tratti distintivi del paesaggio siciliano, elemento caratteristico della macchia mediterranea. Ha delle radici molto lunghe e profonde il fusto breve ed è notata di moltissime fibre che vengono utilizzate in ambito artigianale e per la realizzazione di ceste, corde e cappelli. Se stai leggendo questo articolo da Castelvetrano, poi, sono sicuro che amerai tantissimo questa parola per via degli interminabili pomeriggi d’estati passati a Selinunte e nella spiaggia dell’omonimo lido.
Favàra
Favara è un comune della provincia di Agrigento e prende il suo nome proprio dalla parola araba fawwāra. Per tradurla bisogna ricorrere ad una perifrasi: “Polla d’acqua che sgorga, gorgogliando, con impeto”. La favara, quindi, altro non è che uno sgorgo d’acqua e sono tantissimi i vocaboli appartenenti alla sfera agricola che si configurano come arabismi siciliani. Basti pensare, ad esempio, alla gebbia, una grossa vasca utilizzata per il raccoglimento dell’acqua da utilizzare per l’irrigazione dei campi.
Azzizzàrisi
Questa è un vero capolavoro. Azzizzarisi significa “agghindarsi” e lo si utilizza quando ci apprestiamo a farci belli per un’occasione speciale e importante, indossando vestiti eleganti, gioielli, accessori sfarzosi. Il verbo deriva dall’arabo alaziz, che significa “splendore”. Non è un caso, infatti, se la Zisa di Palermo si chiama così: è un luogo splendido, con i suoi giardini, le sue fontane e i suoi giochi d’acqua. Ci sei mai stato?
Dammùsu
Chiudo questo articolo con una delle abitazioni tipiche dell’isola di Pantelleria. Il dammuso nasce essenzialmente come elemento architettonico rurale, essendo essenzialmente un’abitazione in pietra, e tiene conto delle caratteristiche dell’isola: il vento, il caldo e la ricchezza di materiale lavico. La parola deriva proprio dall’arabo dammūs, un vocabolo che significa “cavità” o “caverna”.
Spero che questo articolo sia stato di tuo gradimento. Se ti va, condividilo con i tuoi amici o lascia un commento. Ci risentiamo giovedì prossimo con un nuovo articolo, qui sul blog di siciliansays.